La "guerra parallela" dell'Italia


Il 10 giugno 1940, Mussolini volle distinguere da Hitler e dichiarò che quella dell'Italia sarebbe stata una "guerra parallela", cioè decisa autonomamente a Roma e combattuta su fonti diversi da quelli tedeschi.
L'esercito in condizioni tragiche, si trovavano continuamente privi di rifornimenti, dalla benzina alle scorte alimentari.
  • FRONTE AFRICANO: dato che l'Italia possedeva le colonie in Libia, Eritrea, Etiopia e Somalia, Hitler incaricò Mussolini di togliere il controllo del canale di Suez agli inglesi. Lo stato degli armamenti si rivelò subito disastroso. Battuti ovunque, gli italiani persero subito Etiopia, Eritrea e Somalia. Per evitare che Mussolini perdesse anche la Libia, furono costretti a intervenire i Tedeschi al comando di Erwin Rommel, che bloccò momentaneamente l'avanzata inglese.
  • FRONTE MEDITERRANEO: La marina italiana intanto veniva impegnata nel Mediterraneo.  Anche il mare, però veniva presidiato dalla flotta inglese, che aveva basi a Gibilterra, Malta Alessandria D'Egitto e in Grecia. Le azioni Italiane furono invece costellate da una serie di continui disastri, causa dall'incopetenza dello stato maggiore e dalla conseguente mancanza di coordinamento tra marina e aviazione che arrivò addirittura a causare il bombardamento di navi italiane da parte di aerei italiani.
  • FRONTE GRECO: Nell'ottobre del 1940 Mussolini, frustrato, tentò, contro il parere di Hitler di invadere la Grecia. L'offensiva provocò un numero altissimo di morti, ma l'esercito Italiano rimase bloccato sulle montagne che segnano il confine greco finché non dovette ritirarsi. La Grecia fu poi invasa nel 1941 dalla Germania dilagata anche in Jugoslavia; da allora le truppe italiane divennero subalterno di quelle tedesche dalle quali furono sempre costrette a prendere ordini.
Nel 1942 cominciò una nuova crisi di sfiducia. Ovunque, inoltre, si cominciavano ad avvertire le prime restrizioni sull'acquisto di generi alimentari. 
Nel marzo del 1943,  quando ormai era nota anche la disfatta italo-tedesca sia in Africa sia in Russia, gli operai scesero in sciopero, prima a Torino o, poi in altre città del nord. 
Gli industriali cominciarono a temere lo scoppio di una rivoluzione e diedero inizio a frenetiche trattative segrete con i consiglieri del re,  i capi militari e alcuni dirigenti fascisti perché, con un colpo di stato, allontanassero Mussolini, abbandonassero l'alleanza con la Germania e salvassero l'italia dalla catastrofe.

Ai primi di luglio del 1943, l'anno della svolta, le truppe alleate sbarcarono in Sicilia e occuparono rapidamente l'isola. Il re Vittorio Emanuele III, che fino ad allora aveva resistito alle pressioni dei fautori del colpo di stato,  decise di abbandonare il duce e prese accordi con i membri del Gran Consiglio del fascismo i quali, il 25 luglio chiesero le dimissioni di Mussolini. Il giorno dopo il re lo fece arrestare, e affidò l'incarico di formare un nuovo governo al maresciallo Pietro Badoglio, determinando la caduta del fascismo
La popolazione accolse la notizia dilagando per le strade. Scoppiarono disordini che Badoglio represse con spietatezza.
La maggiorparte delle manifestazioni tuttavia nasceva da un incontenibile intusiasmo,  non tanto per la fine della dittatura fascista, quanto perché la gente era convinta che la caduta di mussolini segnasse la fine della guerra.

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