Salvatore Quasimodo

salvatore Quasmodo
La vita
Salvatore Quasimodo nacque a Modica, in Sicilia, in provincia di Ragusa, nel 1901.
Dopo aver conseguito un diploma tecnico lasciò la Sicilia.
Elio Vittorini
si trasferì a Roma per iscriversi alla facoltà di ingegneria, ma scoprì ben presto che i suoi veri interessi erano la letteratura e la poesia. Raggiunse così Firenze dove il cognato, lo scrittore Elio Vittorini, lo introdusse negli ambienti letterari r dove nel 1930 pubblicò la sua prima raccolta di poesie.
Nel 1941 si stabilì a Milano, dove grazie alle sue pubblicazioni, ottenne la cattedra di letteratura italiana presso il conservatorio musicale.
La sua fama crebbe anche grazie alla mirabile opera di traduttore: impareggiabile è la sua traduzione dei "lirici greci" del 1940, dei classici latini e di alcune opere di Shakespeare.
Nel 1959 venne insignito del premio nobel per la letteratura.
Morì d'improvviso a Napoli nel 1968.

Le opere
Le prime raccolte di poesie di Quasimodo, Acque e terre del 1930, Oboe sommerso del 1932,
dopo la Seconda guerra mondiale i volumi pubblicati riflettono un maggior impegno politico e civile, come in Giorno dopo giorno (1947), La vita non è un sogno (1949) e Dare e avere (1966).

La poetica
La poesia di Quasimodo rispecchia le caratteristiche dell'Ermetismo, una corrente letteraria di cui fece parte anche Giuseppe Ungaretti.
Per trasmettere pensieri, emozioni e sentimenti cerca espressioni suggestive, ricche di figure retoriche, metafore, sinestesie, termini contrastanti.
Dopo la devastazione della guerra, il poeta sentì un maggiore interesse per la vita politica e la partecipazione ai problemi sociali e anche i suoi versi si fecero più discorsivi, più distesi e "impegnati", con liriche sulla guerra, sulla resistenza, su temi di attualità.



Rifugio d'uccelli notturni
In alto c’è un pino distorto;
sta intento ed ascolta l’abisso
col fusto piegato a balestra.

Rifugio d’uccelli notturni,
nell’ora più alta risuona
d’un battere d’ali veloce.

Ha pure un suo nido il mio cuore
sospeso nel buio, una voce;
sta pure in ascolto, la notte



Ora che sale il giorno
Finita è la notte e la luna
si scioglie lenta nel sereno,
tramonta nei canali.

E’ così vivo settembre in questa terra
di pianura, i prati sono verdi
come nelle valli del sud a primavera.
Ho lasciato i compagni,
ho nascosto il cuore dentro le vecchie mura,
per restare solo a ricordarti.

Come sei più lontana della luna,
ora che sale il giorno
e sulle pietre batte il piede dei cavalli!


Milano agosto 1943
Invano cerchi tra la polvere,
povera mano, la città è morta.
È morta: s'è udito l'ultimo rombo
sul cuore del Naviglio: E l'usignolo
è caduto dall'antenna, alta sul convento,
dove cantava prima del tramonto.
Non scavate pozzi nei cortili:
i vivi non hanno più sete.
Non toccate i morti, così rossi, così gonfi:
lasciateli nella terra delle loro case:
la città è morta, è morta.


Alle fronde dei salici
E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.

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