Le romane, madri e mogli: e cittadine?

Nella Roma dei primi secoli la donna veniva educata per passare dal controllo del padre a quello del marito.  La figura della donna, intesa come moglie, doveva rappresentare una serie di virtù importanti: fedeltà assoluta nei confronti del marito, riservatezza verso gli estranei, completa dedizione alla cura della casa e alla crescita dei figli

Tra il II e il I secolo a.C. il concetto di matrimonio ha subito una considerevole evoluzione. Questo perché la donna romana ha iniziato ad avere maggiori diritti civili. Si passa infatti da un matrimonio di tipo cum manu ("con mano") in cui la donna passava dal controllo del padre a quello del marito, a un matrimonio di tipo sine manu ("senza mano") in cui affinché avvenga il matrimonio occorre che entrambi i coniugi siano d'accordo. 
Si evolve anche il concetto di divorzio: dal I secolo a.C. diventa sempre più libero è frequente. Se una donna ha divorziato non viene alterata la sua reputazione. Ad esempio Livia che aveva già avuto un figlio di nome Tiberio da un precedente matrimonio, va in meglio ad Augusto che in quel periodo è il principe di Roma.

Un'altra evoluzione riguarda il diritto ereditario della donna. Sin dall'età arcaica le donne avevano il diritto di ereditare una parte dei beni paterni ma non potevano fare testamento. 
Con la legge Giulia e Papia del 9 d.C. Augusto concede l'esenzione dalla tutela alle donne che generano almeno tre figli, inoltre, il principe invita tutte le donne e tutti gli uomini a comportamenti più sobri. Questo è un segno evidente che nuovi costumi più liberi o spregiudicati si erano diffusi nella società. 

Il fatto che Augusto inviti ad una maggiore sobrietà è sinonimo di un tempo in cui si sono fatti strada nuovi modelli femminili. Infatti, nel I secolo d.C. ci sono donne dell'alta società che affermano la propria indipendenza e libertà sessuale-sentimentale manifestandola senza paura. 

 

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