Federico II di Svevia

Federico II
Federico e la corte di Palermo
Federico II dedicò le proprie energie a rafforzare la sua posizione di sovrano italiano. Dopo aver fissato la propria corte a Palermo, la trasformò in un grande centro culturale. Nacque così la cosiddetta scuola Siciliana, un gruppo di poeti che componevano poesia d'amore in volgare italiano.
Il suo interesse culturale principale, fu rivolto allo studio dei falconi da caccia.
Nel 1231, con l'emanazione di un corpo di leggi dette Costituzioni di Melfi, Federico II tolse ai grandi signori della Sicilia e dell'Italia del sud ogni potere in campo giudiziario e militare: il sovrano, ordinò che fossero abbattute tutte le fortificazioni erette senza il suo consenso.

La concezione politica di Federico II
L'imperatore tedesco Federico II fu solo un sovrano italiano. Il titolo imperiale gli permetteva di vantare dei precisi diritti sui comuni italiani, che egli volle sottomettere.
Egli, lasciò la Germania al suo destino di terra politicamente frammentata e puntò invece a imporre la propria autorità su tutta l'Italia.
Il suo sogno era di poter disporre non solo delle ricchezze provenienti dalla prospera agricoltura siciliana, ma anche dai profitti dei mercanti del Nord, trasformando l'intera penisola in uno stato centralizzato.
Castello di Melfi
(qui furono redatte le
 costituzioni melfitane).
Federico II si premurò di trovare altre giustificazioni per le sue aspirazioni di sovrano assoluto, egli puntò sopratutto sul diritto romano, grazie all'aiuti di docenti dell'università di Bologna.
Il popolo non poteva più vantare alcuna pretesa al potere e all'autonomia: solo la volontà del principe aveva valore di legge; solo l'imperatore, e nessun altro era l'onnipotente ed esclusivo depositario della sovranità.
Le costituzioni di Melfi hanno come base il diritto romano, affermando che la legge può essere emanata solo dall'autorità del sovrano e che nessuno può disobbedirgli.

La successione di Federico II
Manfredi
Carlo d'Angiò
Federico II vide fallire i propri progetti politici. Infatti, egli non riuscì mai a sottomettere definitivamente i comuni, sostenuti dal papa. Il papa lo scomunicò e diffuse la voce che Federico II era l'Anticristo in persona.
Alla morte di Federico II il controllo del regno di Sicilia passò a Manfredi suo figlio illegittimo. Temendo che potesse intraprendere una politica simile a quella del padre, il papa chiamò in Italia il fratello del re di Francia Carlo d'Angiò, che nel 1266 sconfisse Manfredi a Benevento e si impadronì del suo regno.
Per ricompensare i cavalieri che l'avevano sostenuto nell'impresa, Carlo concesse loro numerosi feudi. La violenza con cui questi feudi venivano sfruttate dai nuovi dominatori francesi fece esplodere in Sicilia, nel 1282, una grande rivolta denominata dalla tradizione vespri siciliani.
La guerra si protrasse fino al 1302, allorché venne firmata la pace di Caltabellotta e la Sicilia passò definitivamente sotto il dominio Aragonese.

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