Origini della questione meridionale e caduta della Destra storica

Tra i problemi più gravi da risolvere c’era il problema economico e la miseria nel mezzogiorno. Nel tentativo di recuperare denaro il governo della destra abolì i dazi doganali e favorì criteri economici liberisti; potenziò le infrastrutture per agevolare l’unificazione del mercato in Italia e espropriò i beni ecclesiastici che comunque vennero presi dai latifondisti, in ultimo rese più forte la pressione fiscale. Queste scelte fecero evolvere il sistema capitalista nazionale ma i risultati furono diversi, il nord crebbe mentre il sud non riuscì a sollevarsi.
Questo squilibrio creò la questione meridionale, tuttavia la questione del 1876 si ebbe il pareggio di bilancio.

La destra storica era divisa e non voleva collaborare con la sinistra e il 18 marzo 1876 alle elezioni cadde il governo. Il nuovo governo venne creato da Depretis e iniziò così il governo della sinistra storica che prevedeva l’ampliamento del diritto di voto, l’istruzione elementare obbligatoria gratuita laica, una riforma fiscale per eliminare la tassa sul macinato.

Sinistra al potere e sviluppo economico in Italia 
Durante il governo di Depretis la sua politica fu orientata a trovare delle alleanze con degli altri partiti. Questa pratica venne chiamata trasformismo e favoriva delle alleanze tra partiti che duravano solo il tempo necessario del voto per poi sciogliersi.
Questa pratica permetteva una spartizione clientelare del potere che privilegiò le richieste dei singoli deputati tranne le esigenze della nazione. Le parti più conservatrici si riunirono in un partito di corte. Le innovazioni portate dal governo della sinistra storica erano poche. 
Per esempio la legge doppino prevedeva l’istruzione obbligatoria fino alla seconda elementare, ma no fu applicata realmente nel mezzogiorno.
Anche la legge elettorale aumentò il numero di elettori ma le masse popolari rimasero escluse, poi eliminò la tassa sul macinato ma rimase forte la pressione comunque sulle classi povere.
Sul piano economico le industrie vennero sviluppate, così come la rete ferroviaria, questo permise la nascita di insediamenti produttivi concentrati tra Liguria Piemonte e Lombardia.
Siccome l’Italia era molto indietro rispetto alle altre potenze, lo stato fu costretto a intervenire per sostenere l’economia nazionale.
Per limitare la concorrenza straniera venne introdotto il protezionismo. Le conseguenze furono molto gravi perché gli altri paesi europei fecero una guerra doganale che fu pagata dall’agricoltura meridionale che esportava vino e prodotti ortofrutticoli, questa miseria, portò a rivolte nella pianura padana e all’emigrazione dei paesi del sud verso l’America.
Per quanto riguarda la politica estera l’Italia decise di concludere il trattato della triplice alleanza con Germania e Austria. Questo trattato provocò il risentimento degli irredentisti (coloro che volevano liberare le terre irredente, cioè che mancavano all’unificazione Trento e Trieste che erano sotto il dominio austriaco).
Nel 1882 il governo italiano iniziò l’espansionismo coloniale in Africa orientale (Baia di Assab e porto di Massaua e contrasti con gli etiopi.

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